SIAMO TUTTI USCITI DAL CAPPOTTO DI GOGOL

 


Piccolo ed immenso capolavoro, sempre attuale, non è forse questo il bello dei classici dell'800??
"Siamo tutti usciti dal cappotto di Gogol!" La frase è abbastanza celebre e appartiene a Dostoevskij, che sottolineava come la letteratura russa, da quella novella in poi, prendesse le mosse dai lembi dell’indumento del povero Akakij Akakievič, un personaggio di cui il destino si fa beffe a cominciare dal nome che porta. La sua storia la conosceranno in tanti: è un impiegato, la cui attività, che svolge con maniacale dedizione, è quella di copiare documenti dalla cancelleria. Viene, però, deriso da tutti. “Perché mi offendete?” è il suo doloroso refrain. L’impraticabilità di rispondere a questa domanda in maniera sbrigativa e l’opportunità di cercare argomentazioni pertinenti, ma non certamente plausibili, determinano l’alto contenuto del racconto. Già, perché l’offendono?
Un cappotto nuovo da comprare per sostituire quello impresentabile, usurato dal tempo, viene ad assurgere a simbolo del riscatto dell’esistenza del misero impiegato statale, mortificato e deriso. Nel cappotto nuovo egli vede l’unico mezzo che, nel contesto di una società divisa in ranghi, possa restituirgli dignità. Nella sua modesta e solitaria esistenza, risolta nel distaccato tragitto casa-lavoro, Akakij Akakievič viene sostenuto finalmente da una speranza: farsi confezionare un bel cappotto su misura! Sì, un cappotto di qualità, elegante, da sfoggiare in ufficio, che lo protegga dall’inverno e rianimi tutta la sua persona!
Alla fine, con molti sacrifici, il nostro compassionevole copista riesce a mettere da parte qualche rublo e a comprare il sospirato cappotto. Ed è felice , il buon uomo, quando viene invitato a una serata tra colleghi. In fondo, lui ama la gente, non la rifugge, non è affatto un asociale. Ma, col cappotto di prima, quello vecchio e rattoppato, con gli altri non ci poteva stare, non sarebbe stato accettato.
Peccato che, in quella stessa sera, dove si era sentito così in vita, venga derubato del cappotto sulla via del ritorno e rimanga irrimediabilmente spiazzato, disorientato, nudo.
Sarà, come prima, umiliato e deriso? E perché? Perché Akakij Akakievič deve subire la gogna della società? Per dare luogo alla sua cattiveria gratuita, a un semplice passatempo, all’istinto e alla voglia di sopraffazione di chi è malvagio nei confronti dei più deboli? La verità imprescindibile, indagata magistralmente da Gogol, è che gli esseri umani, talvolta, sono crudelmente dediti a offendere e a umiliarsi tra loro. Succedeva nella Pietroburgo dell’Ottocento, succede tuttora in qualsiasi luogo del mondo. Ecco, perché recuperare, oggi, un senso di “pietas” attraverso la letteratura di qualità è un principio di salvezza, oltre che di bellezza.


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"...siamo i pagliacci e voi i bambini..."