LA GUERRA ED IL CONFLITTO SECONDO LA FILOSOFIA RUSSA

 


La letteratura e la guerra.

In che maniera i grandi maestri russi interpretavano i conflitti?

L'argomento pone spinose questioni etiche, e ci costringe a riflettere sulle cause, sul senso e sull'ammissibilità dell'uso della forza militare.
Vediamo due argomentazioni degli scrittori russi classici sul tema della guerra. Ognuna di esse, fatta in un momento diverso e in diverse circostanze, rimane ancora oggi attuale.
(A proposito della crisi Ucraina lo stesso ampio ventaglio di opinioni si ritrova oggi sui mass media e sui social network.)

Lev Tolstoj:
"Quando mi dicono che dello scoppio di una qualche guerra è colpevole in maniera esclusiva una delle due parti, non posso mai trovarmi d'accordo con una simile opinione. Si può ammettere che una delle parti agisca con maggiore cattiveria, ma stabilire quale delle due si comporta peggio non aiuta a chiarire neanche solo la più immediata delle cause per cui si verifica un fenomeno così terribile, crudele e disumano quale è la guerra. Queste cause sono del tutto evidenti per chiunque non chiuda gli occhi di fronte alla realtà. Ve ne sono tre: la prima è l'ineguale distribuzione della ricchezza, vale a dire la rapina commessa da alcune persone ai danni di altre; la seconda è l'esistenza della classe militare, vale a dire di persone addestrate e destinate ad uccidere; la terza causa è una dottrina religiosa falsa, in buona parte consapevolmente ingannevole, nella quale vengono forzosamente educate le giovani generazioni".
(Da una lettera a G. M. Volkonskij datata 4 dicembre 1899).

Fëdor Dostoevskij:
"In certi casi, se non addirittura in tutti (tranne forse le guerre intestine), la guerra è un processo per mezzo del quale appunto con il minor spargimento di sangue, con il minore strazio e il minor dispendio di forze si raggiunge la tranquillità internazionale e si instaurano, almeno approssimativamente, dei rapporti per quanto è possibile normali tra le varie nazioni. (...) È piuttosto la pace, una pace prolungata, a trasformare gli uomini in bestie e a renderli feroci, e non la guerra. (...) Una guerra combattuta per un nobile fine, per l'emancipazione degli oppressi, per un'idea disinteressata e santa: questo genere di guerra purifica l'aria infetta dai miasmi che vi si sono accumulati, risana l'anima, scaccia la vergognosa viltà e l'indolenza, dona e chiarisce l'idea alla cui realizzazione è chiamata questa o quella nazione. Tale guerra rinvigorisce ogni singola anima con la coscienza del suo sacrificio, e lo spirito dell'intera nazione con la coscienza della reciproca solidarietà e dell'unità di tutte le membra che compongono la nazione".
("Diario di uno scrittore", 1876. "Il sangue versato è salvifico?")

Ucraina - Russia 

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