PUTIN: SIAMO VICINI ALLA DISTOPIA

 


“Stiamo per scivolare nella distopia”. “La situazione può svilupparsi in modo incontrollabile se non viene fatto nulla per impedire che accada”. “Una lotta di tutti contro tutti porterebbe alla fine della civiltà”. “Il sistema della sicurezza globale è minato”. “Le divergenze con Washington aumentano”. “La Russia fa parte dell’Europa”. Vladimir Putin a Davos ha ripetuto un paio di volte la parola collaborazione, ma molte più volte ha pronunciato “escalation” e “conflitto”: “l’incapacità di risolvere disaccordi ha portato alla seconda guerra mondiale nel XXI secolo”. Per concludere il suo discorso al Forum economico di Davos, dove a sorpresa è arrivato virtualmente da una Mosca gelida e nervosa, il presidente della Federazione russa ha ricordato che “l’amore non è unilaterale”. Mai: vale per la vita, quanto per la geopolitica.
Universo reale e al pari quello virtuale. Se ieri il suo omologo francese Emmanuel Macron ha parlato di democrazia e mercato, chiosando che “il capitalismo non funziona più”, Putin oggi si è espresso sui delicati equilibri nati dalla congestione di economia, trasformazione e disuguaglianze: “Un miliardo di persone è passato dalla povertà a una condizione migliore, ma la globalizzazione non ha premiato tutti allo stesso modo”. La pandemia che miete vittime ad ogni latitudine ha “solo accelerato cambiamenti già presenti prima nella sfera economica, sociale e politica” ovunque nel mondo.
Senza menzionare l’ultima videoinchiesta sulla sua presunta villa sul Mar Nero - già vista sui social da 92 milioni di persone dopo che il più famoso oppositore del Cremlino, Aleksey Navalny, l’ha resa pubblica mentre era già in una cella della prigione Matrosskaya Tishina - Putin ha ricordato che “il sistema della sicurezza globale è stato minato” e che “i giganti tecnologici ed informatici sono di fatto concorrenti degli Stati in alcuni ambiti: se ne parla molto, soprattutto in riferimento a ciò che è accaduto negli Usa in campagna elettorale”.
Mentre il presidente era in collegamento con la Svizzera, il Roskomnadzor, Agenzia federale supervisione comunicazioni di massa del Cremlino, continuava intanto a setacciare il web slavo, in cerca di messaggi d’appello di quanti invitano a partecipare alle manifestazioni di sabato prossimo in solidarietà a Navalny. Sono i cosiddetti “agitatori”, che possono essere “assicurati alla giustizia” ancor prima di aver commesso le azioni di cui parlano, perché “la legge russa permette di farlo”, riferiva l’ultimo comunicato delle autorità.
Dai monitor in collegamento il presidente ha snocciolato aforismi su sanzioni, ecosistema mediatico, nuove relazioni Usa. Lo ha fatto senza ottimismo, ma con qualche apprezzamento: come quello mostrato per il prolungamento del trattato New Start, che nel panorama teso della politica internazionale è “un passo nella giusta direzione”, nonostante con gli Stati Uniti “le divergenze continuano”. Nella prima telefonata di rito tra Biden e Putin gli argomenti trattati qualche giorno fa sono stati quelli più bollenti: guerra in Ucraina, cyberattacchi di Mosca, l’avvelenamento di Navalny, la violenza delle forze dell’ordine contro i manifestanti delle ultime proteste russe.
Settimane fa il presidente si era detto “pronto alla collaborazione per risolvere i problemi” con l’America, più volte poi ha riferito che l’orizzonte post-Trump non ha cambiato forma né colore e lo ha ricordato anche oggi ai leader a Davos: “non sono state create ancora le condizioni per un reset delle relazioni” tra Mosca e Washington.
Se l’America è lontana, c’è una potenziale amica più vicina a cui tendere una mano. Per Putin, e quindi per Mosca, infine c’è Bruxelles: “vanno aumentate le interazioni economiche e commerciali con il partner naturale della Russia”, l’Europa, di cui il suo Paese fa parte. “Se ci sbarazziamo delle fobie, ci attende una fase positiva”: ne gioverebbe la Federazione più estesa della terra, ma anche la finora silenziosa Ue, dove però tutti già sembrano sapere ciò che il presidente ha detto ad alta voce prima di andare: “l’amore unilaterale è impossibile”.
Michela A.G. Iaccarino giornalista


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