IL GENERALE FABIO MINI SULLE SCIE CHIMICHE

Intervista al Generale Fabio Mini

La frequenza delle scie nei nostri cieli (scie di varie forme, dimensioni e colori) si è intensificata. Molti ormai le chiamano scie chimiche, ma l’ufficialità continua a negare la loro esistenza. Militari dell’aeronautica e grande stampa, servizi meteo, scienziati e ministri ripetono che si tratta di un fenomeno “normale”, giustificato dal traffico aereo intensificato. Non la pensa così il generale Fabio Mini, già a capo della missione Nato in Kosovo. Per l’alto ufficiale, il fenomeno è anomalo: durante la guerra in Kosovo – ricorda Mini – la manipolazione delle nubi aveva un’importanza strategica ed è stata attuata. Si possono creare o dissolvere artificialmente e rappresentano uno strumento di guerra
Si usano sostanze chimiche (sodio, bario, alluminio, polimeri) che vengono impiegate per le deviazioni delle onde elettromagnetiche
Fabio Mini esorta i cittadini a pretendere la verifica, l’ammissione da parte delle autorità, facendo pressioni per ottenere accertamenti e informazioni ufficiali rilasciate da autorità competenti e di responsabilità: sanità e difesa, aeronautica, ministero dell’agricoltura e della ricerca scientifica. Obiettivo: verificare l’esistenza di prove dettagliate e inconfutabili.
Riguardo alla questione della geoingegneria – avverte Dane Wigington sul sito “NoGeoingegneria” – le porte di tutti i rappresentanti del governo e di tutte le agenzie governative sono state sbarrate. I responsabili delle operazioni di irrorazione proteggono questi programmi negli ultimi decenni. Le agenzie governative che si occupano di qualità dell’aria e dell’acqua sono state strutturate in modo tale da mascherare la montagna di composti tossici originati dai programmi di modificazione climatica e meteorologica
Come Mini, anche Wigington esorta a fornire dati credibili e inattaccabili per poi metterli nelle mani di autorità competenti e spingerle ad occuparsene attivamente
La lista di possibili interlocutori è infinita, si passa da chi si occupa di questioni ambientali, cibo biologico, malati di Alzheimer, autismo e Adhd a settori quali l’allevamento, la forestale, il giornalismo
In una recente intervista con Enzo Pennetta, lo stesso Mini ricorda che ormai la guerra è diventata un illecito del diritto internazionale e non è più la prosecuzione della politica, ma la sua negazione, il suo fallimento
Una caratteristica delle guerre moderne, aggiunge Mini, è anche la perdita di consapevolezza sulla verità: e in questo, la tecnologia sa fare miracoli. Se tali armi sono state veramente impiegate, si tratta di una violazione del diritto internazionale e dei diritti umani delle vittime
Secondo il professor Pennetta, il cinema americano prepara lo spettatore ad “abituarsi” alla guerra climatica, attraverso immagini più o meno subliminali, dal 1959. Oggi, il “Weather Channel” allarma sui disastri naturali milioni di spettatori su schermi flat e smartphone, come “previsto” (saputo in anticipo?) dalla propaganda militare di Disney nel 1959 con il film “Eyes in Outer Space”, prodotto in collaborazione col Pentagono. Il film usa musica e animazioni per speculare sull’uso della tecnologia dei satelliti militari lanciati nello spazio, insieme ad una rete di difesa coordinata ed a certi strumenti per modificare il clima. Il controllo del clima, la guerra che minaccia l’ambiente, appunto. Quel film ritrae un ordine futuristico di satelliti e armi spaziali che fanno parte di un sistema di totale controllo climatico militare indirizzato dal presidente Kennedy. E’ stato previsto che satelliti in grado di tracciare il clima avrebbero permesso alle forze militari statunitensi di predire i modelli climatici per progettare attacchi coordinati contro fenomeni naturali nefasti anticipandoli di mesi
Il mondo attuale, che “copre” certi progetti di geoingegneria, armi chimiche, elettromagnetiche e spaziali – è stato anticipato dal film di Walt Disney in stretta collaborazione con il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. Ci dà una prospettiva storica di come la propaganda statale venga usata per condizionare una deviazione culturale programmata in supporto all’uso della tecnologia militare come le armi usate contro il mondo naturale
Inutile stupirsi se le scie chimiche non trovano cittadinanza sui media, se non per il facile sarcasmo delle cosiddette “bufale”. Siamo in piena guerra dell’informazione da cui, di riflesso, scaturiscono tutte le altre guerre
Una guerra a colpi di mezze verità, bufale, bufale su verità, verità su bufale con tutti i vari incroci ed intrecci che ne derivano
Il diavolo si diverte da sempre a mischiare le carte in tavola con grandi verità condite da grandi porcate e grandi menzogne che, tra le righe, nascondono verità
Del gioco fa parte anche il fantastico “algoritmo anti-bufale” messo a punto da Google, che in sostanza ci dice: le bufale le decido io, tutto il resto è la verità
In questo clima di guerra all’ultimo scoop e bombardamento mediatico propagandista, spunta un tema che sta a cuore a tutti, di cui ci si preoccupa o di cui si ride: Le scie chimiche, il clima impazzito, la guerra climatica o ambientale innaffiata ogni giorno dalla guerra della disinformazione
Le scie chimiche associate al clima impazzito ed a fenomeni di manipolazione di disastri naturali come terremoti, tsunami, cataclismi e siccità non sono più materia di ‘bufale’». Una vera e propria guerra ambientale è già in atto, afferma il generale Mini: è guerra climatica, clima modificato con agenti chimici
Il protocollo ha un nome evocativo: “Owning the Wheather”, possedere il clima. Dal 2007, il generale affronta la delicata questione delle armi di nuova generazione, destinate a provocare disastri solo apparentemente naturali. Ha osservato che le scie chimiche che segnano i nostri cieli non sono affatto “di condensa”, chiarendo ogni dubbio in merito
Mini spiega che c’è qualcosa di più della classica disinformazione dei media: in ambito militare esiste una pratica chiamata “denial of service”, in base alla quale non solo occorre negare l’evidenza, la verità e la realtà, ma bisogna negare anche l’informazione
E sottolinea: Negare l’informazione è già, di per sé, un atto di guerra
Tradotto: Le persone e interi paesi non devono essere informati
A volte, questa regola porta a vere catastrofi, come nel caso dello tsunami in Indonesia
Mini: Si poteva avvertire quella gente, ma si sono verificate interruzioni nella trasmissione delle informazioni per via di anelli mal funzionanti o volutamente non funzionanti che hanno impedito la comunicazione
Si torna al punto di partenza: la guerra dell’informazione a tutti i livelli. La nuova arma di distruzione di massa? E’ la “bomba climatica”: Si sta lavorando a quest’arma di distruzione in segreto, per ottenere vantaggi inimmaginabili su scala mondiale», dichiara il generale. Alluvioni, terremoti, tsunami, siccità, cataclismi
Uno scenario orwelliano, purtroppo non fantapolitico. E’ il risultato reale di certe progettazioni in materia di tecnologie militari che la gente non può e non deve conoscere
In campo militare non esiste una moralità che impedisca di varcare un certo limite. Ciò che si può fare si fa, ammette il generale: per ottenere un vantaggio, si usano tecnologie senza fare test sufficienti, pur di sperimentarne gli effetti direttamente sul campo.
La capacità di condizionare l’ambiente sarebbe ormai una realtà, in ambito militare: potrebbe provocare tornado, terremoti, tsunami, uragani. Si controlla il clima, lo spazio atmosferico, e si conducono operazioni belliche in sicurezza. S’irrorano le nubi con ioduro d’argento, polimeri e altre sostanze chimiche per spostarle o dissolverle
Il generale Mini racconta del “Progetto Seal” avviato con fondi americani e inglesi nel 1946 per indurre piccoli tsunami. Lo scienziato che conduceva gli esperimenti in Australia, Thomas Leech, si spaventò e bloccò il lavoro, ma sicuramente quegli esperimenti furono ripresi e perfezionati in seguito. Con un articolo pubblicato dalla rivista di geopolitica “Limes”, Mini ha divulgato il progetto dell’aeronautica militare statunitense risalente al 1995. Scie chimiche? Un reporter come Gianni Lannes sostiene che l’Italia si oppose a certi sorvoli già ai tempi di Pertini, per poi autorizzarli a partire dal 2001, in piena era Bush. In Sicilia la popolazione si è opposta alle maxi-antenne dell’installazione strategica Muos di Niscemi, collegata al sistema Haarp per il controllo militare mediante onde radio che “rimbalzerebbero” sulla ionosfera, utilizzando un “microfilm” in sospensione – diffuso dalle scie degli aerei? Tante ipotesi, ma nessuno ha ancora spiegato ufficialmente che cosa sono, quelle scie bianche che da meno di vent’anni “infestano” i nostri cieli.

BY CLAUDIO IULIANO

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