LA CHIESA CONDANNO' A MORTE GLI ANTICHI ALBERI



Nell’anno 890 d.C., attraverso il concilio Namnetense, la Chiesa cattolica prende una posizione ufficiale e condanna a morte tutti gli alberi secolari presenti sul suo territorio, nonché tutti i boschi ritenuti sacri dalle popolazioni che ancora non si erano genuflesse alla croce. Le piante andavano eradicate, arse e al loro posto in molti casi veniva eretta una chiesa. Quest’ultimo passaggio denota benissimo l’identità del Parassita: “Non ‘spegniamo’ un luogo reso energeticamente forte da millenni di pratiche psichiche e di atti biologici, ma ne diventiamo noi i proprietari”.

In tutte le culture del mondo, l’albero rappresenta da sempre un cardine imprescindibile della spiritualità, un punto di riferimento visivo e simbolico, un’espressione viva che unisce Terra e Cielo. In tutte, tranne che in quella cattolica.

Baobab immensi, Sequoie millenarie, foreste incontaminate latine e asiatiche non trovano il degno corrispettivo in un’Europa che, salvo casi sporadici, presenta alberi non più vecchi di qualche secolo. Dove sono finite le querce secolari che raggiungono dimensioni impressionanti come quelle narrate da Plinio Il Vecchio nella sua opera Naturalis Historia? Testualmente:

«Le querce per la loro smisurata invadenza nel crescere occupano addirittura il litorale e, a causa delle onde che scavano la terra sotto di esse o del vento che le sospinge, si staccano portando con sé grandi isole costituite dall’intreccio delle loro radici: restano così dritte, in equilibrio, e si spostano galleggiando. La struttura dei grossi rami, simile a un armamentario velico, ha spesso creato lo scompiglio nelle nostre flotte quando le onde sospingevano questi isolotti, quasi di proposito, contro la prua delle navi alla fonda di notte; ed esse, non riuscendo a trarsi d’impaccio, ingaggiavano uno scontro navale contro delle piante. Sempre nelle regioni settentrionali la selva Ercinia con le sue querce di enormi dimensioni (lasciate intatte dallo scorrere del tempo e originate insieme con il mondo) è di gran lunga, per questa condizione quasi immortale, il fenomeno più stupefacente. Per non stare a menzionare altri fatti che non suonerebbero credibili, risulta effettivamente che le radici, arrivando a fare forza l’una contro l’altra e spingendosi indietro, sollevano delle colline; oppure, se il terreno non le segue spostandosi, s’incurvano fino all’altezza dei rami e formano degli archi a contrasto come portali spalancati, tanto da lasciare il passaggio a squadroni di cavalleria».
Interressante Opera di Michele Giovagnoli, 

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